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Riconoscere e gestire l'attacco di panico

L’attacco di panico si definisce come la comparsa improvvisa di paura o disagio intensi accompagnati da una serie di sintomi somatici e/o cognitivi, che si può verificare a partire sia da uno stato ansioso che di quiete. La durata è generalmente molto breve (raramente supera i 20 minuti, quasi mai supera i 30 minuti) e raggiunge l’apice d’intensità in pochi minuti. Si stima che oltre un quarto della popolazione sviluppi almeno un attacco di panico durante la propria vita: un dato allarmante che ci fa riflettere sull’importanza di riconoscerne i sintomi ed essere in grado di aiutare nel modo giusto in caso in cui ci si trovasse accanto ad una persona che lo sperimenta.

 

I sintomi dell’attacco di panico

Quando un soggetto si trova di fronte a una reale e imminente minaccia o a stimoli considerati come pericolosi, il suo organismo, sotto la guida e il controllo del sistema nervoso centrale, subisce una serie di modificazioni somatiche improvvise e fisiologiche, necessarie alla messa in atto dei comportamenti di attacco (fight), fuga (flight) o immobilizzazione (freezing) al fine di affrontare in modo adeguato il pericolo. Alcuni studiosi aggiungono alle tre tipiche reazioni comportamentali di fronte a una minaccia anche la risposta fright(stato di immobilità tonica o terrore) e la risposta faint (svenimento). I muscoli e molti altri apparati e organi sono preparati per fuggire velocemente, attaccare, difendersi o tollerare la situazione di pericolo. Nel caso in cui questa attivazione somatica si verifichi in assenza di un pericolo reale può essere particolarmente sconvolgente come nel caso dell’attacco di panico.

L’attacco di panico di verifica perché il soggetto percepisce alcune sensazioni fisiche e mentali generalmente innocue come molto pericolose e le interpreta in maniera catastrofica come minaccia incombente, attivando la cascata di modifiche organiche necessarie al comportamento di fight or flight.

 

La presenza di 4 o più dei 13 sintomi elencati, sviluppati improvvisamente e che raggiungono il picco di intensità nel giro di minuti, associati ad una sensazione di paura o disagio intensi, è condizione sufficiente per la diagnosi di attacco di panico. Se vengono soddisfatti meno di 4 criteri si parla di attacco paucisintomatico.

Per poter riconoscere un soggetto che sta subendo un attacco di panico è necessario, innanzitutto comprendere i sintomi che accompagnano il fenomeno.

Ecco i 13 sintomi principali:

 

 1) Palpitazioni, cardiopalmo e tachicardia

 Il cardiopalmo (o palpitazioni) è la spiacevole sensazione di un battito cardiaco accelerato, irregolare o particolarmente intenso, solitamente associata a una fastidiosa percezione di colpi e movimenti all'interno del torace. La tachicardia rappresenta un’accelerazione dei battiti cardiaci con frequenza cardiaca oltre i 100 battiti al minuto. L'aumento del battito cardiaco permette al sangue di raggiungere velocemente le parti distali del corpo e prepararsi alla reazione di attacco o fuga.

 

2) Sudorazione

La sudorazione si può manifestare in maniera intensa, fredda e improvvisa, anche solo in sedi limitate del proprio corpo (ad esempio ai palmi delle mani e nella fronte). La funzione di tale reazione a livello adattativo è quella di aiutare il corpo a non surriscaldarsi eccessivamente e a mantenere una temperatura ottimale durante l'azione, oltre a rendere la pelle scivolosa e più difficile da trattenere da parte di un eventuale aggressore o

predatore. La vasocostrizione periferica cutanea, tipica degli stati d'ansia acuta, della paura intensa e dell'attacco di panico, inoltre permette di dirottare maggiori quantità di sangue verso gli organi più importanti per la risposta comportamentale di attacco o fuga.

 

3) Tremori fini o a grandi scosse

Il tremore, nel corso di un attacco di panico, può essere caratterizzato da oscillazioni di ampiezza minore (tremori fini) o maggiore (a grandi scosse) ed è, nel caso specifico, un movimento involontario derivante dalla tensione muscolare, indotta sua volta dalla crisi d’ansia. Hanno la funzione di preparare i muscoli a fronteggiare un’azione imminente.

 

4) Dispnea o sensazione di soffocamento

La dispnea è un'esperienza soggettiva di difficoltà a respirare che porta ad un aumentato sforzo respiratorio, conducendo alla cosiddetta "fame d'aria" ed è spesso associata ad un’aumentata frequenza respiratoria. Quando un soggetto percepisce la sensazione e il rischio di soffocamento, tende inevitabilmente a compensare attraverso una serie di contromisure e, nel tentativo di aumentare l'apporto di aria, innesca l'iperventilazione, ovvero una respirazione troppo frequente e superficiale, che porta a sua volta all'alcalosi respiratoria, che spesso assume un ruolo determinante nella genesi, nel mantenimento e

 nell'intensità della sintomatologia dell'attacco di panico. L'aumento della frequenza respiratoria ha la funzione protettiva di consentire ai tessuti corporei di ricevere l'ossigeno necessario e indispensabile per l'azione. Nel corso di un attacco di panico, infatti, le necessità energetiche dell'organismo aumentano e vengono soddisfatte attraverso un maggiore apporto di ossigeno - elemento indispensabile per le reazioni

 energetiche - e assicurate dall'aumento della frequenza respiratoria e dalla dilatazione bronchiale. Tale condizione, come già accennato, provoca iperpnea e la conseguente sensazione di fame d'aria e soffocamento.

 

5) Sensazione di asfissia

La sensazione di asfissia è un sintomo molto frequente ed è certamente un'esperienza

spaventosa. Si definisce asfissia la condizione in cui l'attività respiratoria è impedita a causa dell'ostruzione delle vie respiratorie; nel caso dell'attacco di panico l'ostruzione delle vie aeree, ovviamente, non è reale, ma solo un'erronea percezione.

 

6) Dolore o fastidio al petto

Sintomi dolorosi di tipo trafittivo e compressivo in zona toracica sono molto frequenti nel corso di un attacco di panico e, nella maggior parte dei casi, interpretati erroneamente come sintomi di un infarto. La respirazione accelerata e toracica, tipica dell’attacco di panico, comporta la contrazione dei muscoli toracici che induce sensazioni di fastidio e dolore a questo livello. Al cuore, inoltre, spetta il compito di fornire a tutti muscoli e agli altri apparati implicati nelle risposte comportamentali tipiche dell'ansia e della paura - attacco, fuga o immobilizzazione - un maggior apporto di ossigeno e nutrienti attraverso il flusso ematico. La frequenza, la portata e la gittata cardiaca aumentano e il sangue viene maggiormente dirottato a irrorare i muscoli, tra cui il cuore. Tale condizione, come accennato in precedenza, causa tachicardia, cardiopalmo e palpitazioni, ma contribuisce anche, insieme all'alterata modalità respiratoria, a provocare quella tipica oppressione precordiale spesso percepita nel corso di un attacco di panico.

 

7) Nausea o disturbi addominali

Le funzioni digestive, nel corso di un attacco di panico, vengono automaticamente interrotte tramite complesse modifiche ormonali e biochimioche, per permettere all'individuo di affrontare il pericolo percepito. A ciò consegue un’inibizione della muscolatura liscia del tratto gastrointestinale, in una prospettiva di economizzazione energetica, e questo può provocare sensazioni di nausea, fastidio, tensione, crampi e fitte addominali e il bisogno improvviso di andare in bagno. La vescica e l'ampolla rettale, infatti, vengono repentinamente svuotate dalla contrazione energica dei rispettivi muscoli detrusori. In una situazione in cui bisogna attaccare o fuggire velocemente, questi fenomeni possono essere intesi nel senso finalistico di eliminazione

 dei "pesi inutili" che possono interferire con una fuga veloce o gravare sul corpo in lotta. Si possono quindi verificare diarrea o, a causa della maggiore filtrazione renale, un aumento della frequenza della minzione.

 

8) Sensazioni di vertigine instabilità, testa leggera o svenimento

Nell'attacco di panico l'aumento eccessivo del ritmo respiratorio può comportare una transitoria e lieve diminuzione del flusso ematico nel cervello tale da provocare questa sintomatologia. Occorre rilevare, però, che durante l'attacco di panico è quasi impossibile svenire. Infatti, nel corso della reazione ansiosa tipica del panico vi è un innalzamento della pressione sanguigna, mentre per svenire è necessario che la pressione cali bruscamente.

 

9) Brividi o vampate di calore

I brividi sono rapide contrazioni muscolari asincrone e provocate da impulsi cerebrali involontari riflessi. Le vampate di calore sono sensazioni improvvise di aumento di temperatura, spesso accompagnate da sudorazione e arrossamenti della pelle del volto, del petto e del collo. Entrambi i sintomi, spesso associati, possono essere correlati a variazioni ormonali, sbalzi di pressione e lievi cambiamenti circolatori e hanno la funzione protettiva di richiamare una certa quantità di energia.

 

10) Parestesie

Le parestesie sono sintomi caratterizzati da un'alterata sensibilità degli arti, parti di essi o altre parti del corpo, più comunemente descritti come "formicolio". Quando l'organismo si prepara all'azione, in situazioni di pericolo o particolare attivazione, convoglia il sangue verso i muscoli principalmente coinvolti nell'azione stessa, Contemporaneamente, però, l'afflusso di sangue risulterà minore nelle estremità distali del corpo, causando così

sensazioni di torpore e formicolio in queste zone.

 

11) Derealizzazione o depersonalizzazione

La derealizzazione consiste nella sensazione soggettiva di percepire in maniera distorta la realtà, percependo il mondo esterno come irreale, le persone intorno come automi e gli individui conosciuti e gli ambienti familiari come estranei. Possono manifestarsi anche offuscamento dei ricordi, emozioni vissute in maniera distaccata, percezioni sensoriali e sensazioni corporee alterate. La depersonalizzazione consiste in un'alterata percezione

 del senso del Sé, nel corso della quale l'individuo ha la sensazione di essere irreale (. In questo caso, quindi, si ha la percezione di essere osservatori esterni dei propri processi mentali e del proprio corpo. Si può avere la sensazione di un corpo o parti di esso intorpiditi e addirittura privi di vita, oppure la sensazione di avere mani, piedi o altre parti scollegate dal resto del corpo. È bene sottolineare, però, che tali sintomi sono fenomeni

 non psicotici, in cui la consapevolezza e l'insight sono mantenuti e che rappresentano un'esperienza comune nel soggetto sano. Uno dei fattori maggiormente implicato nella genesi di questi sintomi, ancora una volta, è l'eccessiva frequenza respiratoria, con la conseguente diminuzione della concentrazione di anidride carbonica nel sangue che fa diminuire l'attività corticale. Inoltre, la midriasi, spesso presente negli stati d'ansia

 acuta, nel panico e nella paura intensa, permette alla luce di colpire con maggiore intensità la retina, al fine di consentire all'organismo una più acuta visione di ciò che sta per accadere. Questo improvviso aumento nella percezione della luce potrebbe, almeno in parte, spiegare i sintomi di depersonalizzazione e derealizzazione.


12) Paura di perdere il controllo o di impazzire

Rappresenta uno dei sintomi peggiori che possono presentarsi durante l’attacco. La percezione della perdita della padronanza del controllo delle proprie azioni, della propria salute fisica e mentale, è infatti un'esperienza emotiva invalidante e in grado di causare molta sofferenza. La perdita di controllo è percepita come incapacità o impossibilità di essere presenti a se stessi e di avere il controllo sui propri comportamenti e di poter anche

 quindi commettere atti deplorevoli, vergognosi o imbarazzanti. Il soggetto interpreta i segnali e i sintomi somatici in maniera catastrofica e percepisce la difficoltà nel riuscire a controllarli e gestirli come una totale perdita di controllo sulla propria integrità fisica e psicologica. Inoltre, i sintomi descritti - visione offuscata, parestesie, sensazioni di vertigine, instabilità, testa leggera o svenimento e in particolare, a causa della loro natura dissociativa, i sintomi di derealizzazione e depersonalizzazione - possono verosimilmente confondere il soggetto a tal punto da fargli credere di non essere più in grado di riprendere

 il controllo di sé ed essere quindi sul punto di impazzire. La verità, però, è che la paura di impazzire improvvisamente nel corso di un attacco di panico risulta assolutamente infondata. L'aumento della secrezione di adrenalina* e noradrenalina* comporta, a livello centrale e cerebrale, una maggior attivazione, con conseguente accelerazione di pensiero e attenzione e modificazione della percezione delle distanze. Tutte queste sensazioni, se improvvise e in assenza di una reale minaccia o un oggettivo pericolo imminente, contribuiscono al falso allarme e alla credenza di pazzia incombente.

 

13) Paura di morire

Molti dei sintomi che solitamente accompagnano l'attacco di panico sono spesso interpretati in maniera drammatica e catastrofica. Quando ciò avviene, il soggetto ha la sensazione, talvolta quasi la certezza, di essere vittima di un infarto, un ictus o una grave crisi respiratoria e quindi di trovarsi realmente sul punto di morire.

 
SUPPORTO PSICOLOGICO DI BASE

Vista la frequenza degli attacchi di panico, può verificarsi una situazione in cui ci troviamo ad assistervi. Per questo è stato messo in atto un semplice protocollo da seguire in modo da aiutare chi sperimenta questa situazione in attesa dei soccorsi e prevede 7 fasi:

1)    Sicurezza ambientale

Individuato il soggetto a cui prestare soccorso controllare che non ci siano pericoli imminenti, se ci fossero chiamare subito il 118 e non intervenire. Altrimenti, avvicinarsi al soggetto con cautela, allontanare la folla ed eventuali curiosi.


2)    Stabilire il contatto

Con calma puoi posizionarti al fianco del soggetto e stabilire un appropriato contatto visivo, la distanza ideale è di 45-120 cm. Se necessario puoi aiutare delicatamente il soggetto a sedersi. Rivolgetevi al soggetto in maniera rassicurante e presentatevi nel seguente modo: “Io sono [nome e cognome], sono un [eventuale qualifica professionale sanitaria] e sono addestrato al soccorso psicologico di base". Chiedete il permesso a intervenire. Se il soggetto è minorenne e non è presente un genitore, NON intervenire e chiamare subito il 118.


3)    Valutazione preliminare

L’operatore deve verificare che ci siano le condizioni di salute adeguate ad intervenire e porre queste domande:

1) Soffre di qualche patologia?

2) Ha assunto medicine o altre sostanze?

3) È la prima volta che le capita di sentirsi così?

Se risponde si o in modo dubbio ad una o più domande chiamare immediatamente il 118 e non intervenire. 

Se negative procedere con la fase 4.


4)    Valutazione: Si valuta la presenza e l’intensità dei sintomi dell’attacco di panico attraverso i seguenti step:

4.1) RILEVAZIONE 4-30”: verificare in 30 secondi la presenza e intensità di tachicardia, sudorazione, tremori fini o a grandi scosse e dispnea. Con la mano che si trova a fianco al soggetto prendere la sua mano sinistra e ruotarla con il palmo verso l’alto; contare la frequenza cardiaca per 15 secondi e gli atti respiratori, osservando l’espansione della gabbia toracica, per altri 15 secondi.

4.2) INCHIESTA: considerata la natura estremamente soggettiva e difficilmente oggettivabile degli altri sintomi porre le seguenti domande:

1- Quali sensazioni sta provando?

2- A cosa sta pensando?

3- In una scala da 1 a 10, quanto sono intense queste sensazioni e questi pensieri?

Al termine della valutazione chiamare il 118 e chiedere al soggetto l’autorizzazione a procedere col protocollo.


5)    Intervento: questa fase si divide in Intervento respiratorio e cognitivo

5.1) Intervento respiratorio: il controllo della respirazione rappresenta la tecnica di elezione per l’intervento di primo soccorso nell’attacco di panico. La respirazione diaframmatica, quindi, può aiutare il soggetto in corso di attacco sia che ci siano sia che non ci siano sintomi respiratori. Invitare dunque la persona a mettere una mano sull’addome, inspirando per 3-4 secondi dal naso, trattenendo il respiro per 3-4 secondi ed espirando lentamente dalla bocca, poi ripetere. L’obiettivo è quello di rallentare e regolarizzare la respirazione, arrivando a circa 12 atti al minuto. Rinforzare il soggetto con frasi positive come “Molto bene! Vedo che sta andando già meglio!”. Una tecnica alternativa è quella che prevede l’utilizzo di un sacchetto di carta, pronunciando le seguenti parole: “Faccia ciò che dico, si sentirà subito meglio. Cerchi di respirare qui dentro in maniera lenta e regolare, inspiri dal naso ed espiri dalla bocca. Io le dirò quando smettere.” Il sacchetto deve coprire interamente la bocca ed il naso. Se non è disponibile il sacchetto di carta è possibile porre le mani “a coppa”. Anche qui usare frasi di rinforzamento.

5.2) Intervento cognitivo: cercare di distrarre l’attenzione della persona dalle sensazioni somatiche e sostituire e confutare i pensieri irrazionali con pensieri inerenti alla realtà, agendo direttamente sulle cognizioni. Una volta che il soggetto è in grado di mantenere una frequenza respiratoria regolare, invitatelo a concentrarsi e a ripetere mentalmente le seguenti affermazioni:

1. L’ansia non uccide

2. L’ansia è un’emozione naturale

3. Tra poco tutto passerà


6)    Ri-valutazione: mentre il soggetto è concentrato nel ripetere mentalmente le affermazioni sull’ansia e mantenere la respirazione regolare, procedere con una nuova valutazione come fatto nella fase 4, riportando i nuovi dati all’operatore del pronto intervento.


7)    Risoluzione: dopo la fase acuta, il soggetto affronterà la fase post-critica, sentendosi debole e stremato sia dal punto di vista fisico che psicologico, probabilmente si sentirà terrorizzato e angosciato. Non lasciatelo da solo e rimanetegli accanto. Comunicate, se non sono ancora arrivati i soccorsi, le sue nuove condizioni all’operatore del pronto intervento.

Intervento trasversale:

Molto spesso, durante l’attacco o subito dopo, il soggetto sentirà la necessità impellente di fuggire dal luogo in cui si è verificato, come strategia protettiva. In realtà, con la fuga e l’evitamento il problema non verrà risolto, anzi potrebbe portare il soggetto a soffrire di ansia anticipatoria nel caso in cui si trovassi vicino o dovesse recarsi nel luogo dell’evento, o tramite generalizzazione, in posti o contesti simili.

Se il soggetto non fugge e non evita il luogo dell’attacco di panico apprenderà dall’esperienza che è possibile fronteggiare e gestire un attacco di panico. Per questo bisogna incoraggiare il soggetto a rimanere nel luogo dell’attacco in cui l’attacco si è manifestato.  


Ref: "ATTACCHI DI PANICO E ANSIA ACUTA. SOCCORSO PSICOLOGICO DI BASE" di Paolo Scapellato e Donato Cattani




 
 

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